ADRIANO PERINI
La fotografia di Sergio Scabar è quanto di più inusuale si possa trovare in questo campo, anzi si può dire, senza tema di smentita, che il suo modo di lavorare sull’immagine è assolutamente unico. Egli si avvale di una raffinata tecnica di stampa, da lui scoperta e sperimentata, che contribuisce alla poetica dell’immagine originariamente registrata sul negativo.
Operando rigorosamente nel campo foto-chimico, senza alcuna manipolazione digitale, egli riesce a creare delle stampe a tono molto basso, ove è presente un’estesissima gamma di neri e dove le alte luci sono perfettamente leggibili; immagini che ci rimandano ad una visione crepuscolare, dove i soggetti ritratti, siano essi paesaggi o cose del quotidiano fotografico, acquistano l’alea di un tempo non determinato;
ieri, oggi o forse domani. Ed è proprio il senso dell’eternità che esce dalle immagini di Sergio Scabar, nonché la consapevolezza dell’esistenza di un’anima delle cose, cose che si sospendono nel tempo attraverso l’esperienza che noi abbiamo di esse.
Da rigoroso e profondo conoscitore dell’alchimia fotografica, egli celebra spesso nei suoi still-life, che sarebbe in questo caso più corretto definire teatrini delle cose, l’oggettistica legata al mondo della fotografia, dalle immagini fotografiche stesse (fotografia nella fotografia) agli attrezzi, alle carte, alle confezioni di prodotti chimici, alle sorgenti della luce; un tributo, un omaggio, al suo più intimo mondo del quale è anche appassionato e devoto raccoglitore e conservatore.
Le cornici, che immancabilmente completano le sue opere, diventano un tutt’uno con l’immagine stessa perché Sergio Scabar le autocostruisce, le dimensiona e conferisce loro una cromia che trova immediata correlazione nell’immagine stessa conferendo loro la continuità dell’opera finita.
Questo lavoro di sintesi sulle luci, ridotta ai minimi termini del leggibile, trova nelle immagini di paesaggio, alle quali egli si è da poco avvicinato, richiami gotici di wagneriana memoria che ci fanno intravedere grandi potenzialità di questo mago della camera oscura.
Tutti i suoi lavori più recenti, eseguiti con questa certosina tecnica, sono opere uniche e non riproducibili, per l’elevata aleatorietà del procedimento esecutivo.
L’assoluta unicità del risultato rende irripetibili i suoi lavori che, oltre a godere di questa particolarità, sono pervasi da una poeticità che ci porta all’essenza dell’essere e della visione, in una fragilissima eternità che completa un’operazione concettuale iniziata con la non casuale scelta dei soggetti.
Da rigoroso e profondo conoscitore dell’alchimia fotografica, egli celebra spesso nei suoi still-life, che sarebbe in questo caso più corretto definire teatrini delle cose, l’oggettistica legata al mondo della fotografia, dalle immagini fotografiche stesse (fotografia nella fotografia) agli attrezzi, alle carte, alle confezioni di prodotti chimici, alle sorgenti della luce; un tributo, un omaggio, al suo più intimo mondo del quale è anche appassionato e devoto raccoglitore e conservatore.
Le cornici, che immancabilmente completano le sue opere, diventano un tutt’uno con l’immagine stessa perché Sergio Scabar le autocostruisce, le dimensiona e conferisce loro una cromia che trova immediata correlazione nell’immagine stessa conferendo loro la continuità dell’opera finita.
Questo lavoro di sintesi sulle luci, ridotta ai minimi termini del leggibile, trova nelle immagini di paesaggio, alle quali egli si è da poco avvicinato, richiami gotici di wagneriana memoria che ci fanno intravedere grandi potenzialità di questo mago della camera oscura.
Tutti i suoi lavori più recenti, eseguiti con questa certosina tecnica, sono opere uniche e non riproducibili, per l’elevata aleatorietà del procedimento esecutivo.
L’assoluta unicità del risultato rende irripetibili i suoi lavori che, oltre a godere di questa particolarità, sono pervasi da una poeticità che ci porta all’essenza dell’essere e della visione, in una fragilissima eternità che completa un’operazione concettuale iniziata con la non casuale scelta dei soggetti.
Galleria La Batana, Rovigno, 2006